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Belgrado: La Città che Non Muore Mai

Immagine del redattore: Marco RaminMarco Ramin

Due ragazzi che si baciano in un locale notturno a Belgrado.

C’era una volta un edificio sventrato dai missili, nel cuore di Belgrado. E c’è ancora. Le rovine del vecchio Ministero della Difesa, bombardato dalla NATO nel 1999, sono rimaste lì, scheletro di cemento e mattoni che scruta il traffico cittadino. Simbolo di un passato violento, monito, forse, o semplicemente un’assenza lasciata a dialogare con la città che cambia.

Belgrado, infatti, non ha mai smesso di cambiare. La capitale serba è un organismo vivo, che si espande e si contrae, che assorbe il vecchio e sperimenta il nuovo.


Nonostante le promettenti prospettive economiche, diversi movimenti di protesta si sono opposti alla costruzione del Belgrade Waterfront. Il più grande di questi è Ne da(vi)mo Beograd, che critica principalmente la mancanza di dialogo con i cittadini e la carenza di alloggi a prezzi accessibili, considerata una delle principali emergenze della città. Un’altra accusa rivolta all’amministrazione comunale riguarda l’assenza di supporto alle famiglie sfrattate: secondo i comitati locali, alcune abitazioni ancora occupate sarebbero state demolite senza autorizzazione, mentre diverse famiglie hanno ricevuto avvisi di sfratto con pochissimo preavviso.
Nonostante le promettenti prospettive economiche, diversi movimenti di protesta si sono opposti alla costruzione del Belgrade Waterfront. Il più grande di questi è Ne da(vi)mo Beograd, che critica principalmente la mancanza di dialogo con i cittadini e la carenza di alloggi a prezzi accessibili, considerata una delle principali emergenze della città. Un’altra accusa rivolta all’amministrazione comunale riguarda l’assenza di supporto alle famiglie sfrattate: secondo i comitati locali, alcune abitazioni ancora occupate sarebbero state demolite senza autorizzazione, mentre diverse famiglie hanno ricevuto avvisi di sfratto con pochissimo preavviso.

L’architettura dei palazzi dell’epoca jugoslava si alterna a nuove costruzioni in vetro e acciaio, specchi di una modernità ambiziosa. Ma se cerchi la vera essenza della città, devi seguirne i ritmi, le storie stratificate nei vicoli e negli edifici sbrecciati, i segreti raccontati dai muri scrostati del centro storico.

Rovine del vecchio Ministero della Difesa, bombardato dalla NATO nel 1999. Il 24 marzo 1999 scattò l’operazione Allied Force (senza mandato ONU): per la Serbia fu un’aggressione illegale, ma gli alleati ritennero i raid necessari per fermare i massacri in Kosovo - Morirono almeno 2’500 persone (tra queste 89 bimbi).
Rovine del vecchio Ministero della Difesa.. Il 24 marzo 1999 scattò l’operazione Allied Force (senza mandato ONU): per la Serbia fu un’aggressione illegale, ma gli alleati ritennero i raid necessari per fermare i massacri in Kosovo - Morirono almeno 2’500 persone (tra queste 89 bimbi).

Poco distante dalle rovine del Ministero, si estende la zona di Savamala. Un tempo quartiere decadente, oggi è l’epicentro della scena creativa belgradese: gallerie d’arte, club sotterranei, murales che cambiano con le stagioni. Qui, la notte è lunga e piena di suoni, dalle note elettroniche dei club più famosi alle chiacchiere davanti a un bicchiere di rakija, la grappa locale che riscalda anche gli animi più scettici. La scena musicale è variegata e si mescola con la cultura underground della città: techno potente nei club più noti, jazz sperimentale in piccoli locali nascosti e persino una scena rock alternativa che resiste al tempo.

I giovani di Belgrado vivono un rapporto contrastante con il passato. Molti di loro sono nati dopo la guerra, o erano troppo piccoli per ricordare i bombardamenti. Cresciuti in una società che si è lasciata alle spalle la dittatura di Tito e ha attraversato una difficile transizione democratica, oggi guardano al futuro con un misto di cinismo e speranza. Alcuni rimpiangono la stabilità economica della Jugoslavia, mentre altri vedono nella democrazia e nell’apertura all’Europa la possibilità di un futuro migliore. Parlano poco della guerra, ma i segni sono ancora ovunque, e il passato non si dimentica facilmente.

Ma la vera trasformazione la si vede lungo il fiume. Il Danubio e la Sava si incontrano a Belgrado, e sulle loro rive si è sviluppato uno dei cambiamenti più significativi della città: il progetto Belgrade Waterfront.

Destinata a diventare il nuovo simbolo della capitale serba, nonché l’edificio più alto dell’intera regione, il progetto per la Belgrade Tower è il fulcro architettonico e urbano di un più ampio disegno di riqualificazione della sponda destra del fiume Sava. Con la sua forma elegante e allungata, Belgrade Tower si fa emblema di una visione di grande respiro, che vede nella torre il contenitore scenografico di un hotel, di residenze di alto profilo, di uffici e moderni retail.  In bilico tra passato e futuro, la costruzione trae ispirazione dalla città storica e dal fiume che l’attraversa, da cui riprende i riflessi e i materiali. Oltre 160 metri di altezza per un totale di 41 piani caratterizzano questo grattacielo, pensato per svettare sullo skyline come un iconico punto di riferimento. Uno sguardo privilegiato per il visitatore sull’intera città di Belgrado. Gli interni sono definiti da materiali naturali ed eleganti.  Il layout tipologico è stato differenziato nell’offerta, permettendo un’ampia gamma di soluzioni per rispondere alle esigenze degli utenti.
Con la sua forma elegante e allungata, Belgrade Tower si fa emblema di una visione di grande respiro, che vede nella torre il contenitore scenografico di un hotel, di residenze di alto profilo, di uffici e moderni retail. Oltre 160 metri di altezza per un totale di 41 piani caratterizzano questo grattacielo, pensato per svettare sullo skyline come un iconico punto di riferimento.

Un’enorme riqualificazione urbana che ha trasformato la zona in un mix di grattacieli, hotel di lusso e centri commerciali. Un contrasto netto con la Belgrado di una volta, quella delle kafane fumose e delle strade sterrate, quella del Kalemegdan, la fortezza che sorveglia la città da secoli, impassibile davanti al mutare dei tempi. Qui, il costo della vita è decisamente più alto rispetto ad altre zone della città, con ristoranti e bar di lusso che attirano una clientela internazionale, mentre i vecchi abitanti faticano a mantenere la loro presenza in un’area sempre più esclusiva.

Belgrado, ex zona industriale è diventata un polo di vita notturna. I vecchi magazzini e le fabbriche abbandonate sono stati riconvertiti in club, bar e spazi culturali.

Nel cuore della città, l’ex zona industriale è diventata un polo di vita notturna. I vecchi magazzini e le fabbriche abbandonate sono stati riconvertiti in club, bar e spazi culturali. È qui che i giovani si ritrovano fino all’alba, tra musica techno, concerti improvvisati e locali alternativi che ricordano le atmosfere di Berlino.

Vita notturna in un locale di Belgrado

Anche il vecchio porto, un tempo punto nevralgico per il commercio fluviale, ha subito una metamorfosi simile: oggi è pieno di locali affacciati sull’acqua, dove si può bere un cocktail ammirando le luci della città riflesse sul fiume. Qui si trovano anche locali che ospitano performance di musica balcanica moderna, un ibrido tra folk, elettronica e ritmi gitani che fa ballare fino all’alba.

Eppure, nonostante i cambiamenti, Belgrado rimane Belgrado. Dura, testarda, piena di contraddizioni. Una città che si reinventa senza mai dimenticare chi è stata. Passeggiare per le sue strade significa attraversare epoche diverse nello stesso istante: il passato di guerra e socialismo, il presente di innovazione e disordine, il futuro incerto ma sempre in costruzione. Perché Belgrado, alla fine, non muore mai.

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